Attacchi di panico

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Dott.ssa Maria Antonietta Monaco

Attacchi di panico

Attacchi di panico

“Panico” deriva dal greco panikon, originato da Pan, divinità delle montagne e della vita agreste che incuteva timore ai viandanti solitari; “timor panico” era detto il timore misterioso che gli antichi attribuivano alla presenza del dio. Tale etimologia consente di collegare l’attacco di panico ad una sovraesposizione al mondo esterno, senza che si abbia una mediazione relazionale di tipo affettivo che si riconduce alla protezione materna

L’attacco di panico  coincide con un periodo di improvvisa comparsa di intenso disagio, ansia o paura accompagnati da sintomi somatici e/o cognitivi, come tachicardia, sensazione di soffocamento, paura di perdere il controllo o di morire. Si parla di disturbo di panico quando si verifichino ripetuti attacchi di panico accompagnati dalla paura di un attacco futuro (ansia anticipatoria) o cambiamenti significativi nel comportamento.

Secondo un approccio psicodinamico,  i sintomi traggono origine da conflitti e fantasie inconsci, che il soggetto spesso considera riprovevoli perché rivolti verso le figure di attaccamento, che vengono rifiutati e sostituiti con pensieri o sentimenti opposti.

Anche le neuroscienze affettive (Panksepp, 1998) hanno confermato come l’individuo, separato da un supporto affettivo-sociale, attivi il processo di panico e gli stessi neurotrasmettitori coinvolti (oppiodi endogeni, l’ossitocina e la prolattina) sono quelli interessati alle interazioni socioaffettive.

Pur tenendo presenti le considerazioni precedenti, occorre comunque sottolineare che l’analisi della situazione, spesso di sofferenza, portata dal cliente è sempre legata all’unicità del suo vissuto e dell’esperienza di vita che solo grazie all’instaurarsi di una buona relazione può essere validamente analizzata con lo psicologo.

Proprio un efficace costruzione dell’alleanza terapeutica può consentire di individuare l’esperienza della solitudine, spesso non riconosciuta dal cliente, insieme alla negazione del bisogno della dimensione relazionale, che nella “società liquida”(Bauman, 2002) rappresenta una dimensione di debolezza rispetto all’affermazione dell’individualismo.

L’attacco di panico, se affrontato in tale ottica, può rappresentare la possibilità di una consapevolezza da parte del cliente delle proprie risorse, astenendosi dalla dimensione giudicante, frutto delle aspettative familiari e sociali.

Dott.ssa Maria Antonietta Monaco

Psicologa

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